CAPITOLO UNO - CONCEZIONE DEL MONDO

Cosi parlava:

"Queste sono le direttive e i principii fondamentali di una lotta mirante a farla finita con la sozzura vera e propria di concezioni e opinioni decrepite e con tutti gli scopi poco chiari, anzi dannosi.

Una nuova forza deve scagliarsi contro il pigro e codardo mondo, per rimettere in equilibrio, all'ultima ora, il Carro del Destino.

Com'era naturale, il nuovo movimento può solo sperare di acquistare l'importanza e la forza necessaria a questa gigantesca lotta, se fin dal primo giorno riesce a destare nel cuore dei suoi partigiani la sacra certezza che esso non da alla vita politica una nuova parola d'ordine elettorale ma le presenta una nuova concezione del mondo, fondata su principii eterni, e di suprema importanza.

Si pensi, di quali pietosi elementi siano composti, in generale, i cosiddetti «programmi di partito», e come di tempo in tempo vengano spolverati e rimessi alla moda!

E' necessario porre sotto la lente d'ingrandimento i motivi essenziali delle «commissioni per il programma» dei partiti, per bene intendere il valore di questi aborti programmatici.

Una sola preoccupazione spinge a costruire programmi nuovi o a modificare quelli che già esistono: la preoccupazione dell'esito delle prossime elezioni.

Non appena nella testa di questi giullari del parlamentarismo balena il sospetto che l'amato popolo voglia ribellarsi e sgusciare dalle stanghe del vecchio carro del partito, essi danno una mano di vernice al timone. Allora vengono gli astronomi e gli astrologi del partito, i cosidetti «esperti» e «competenti», per lo più vecchi parlamentari che, ricchi di esperienze politiche, rammentano casi analoghi in cui la massa finì col perdere la pazienza, e che sentono avvicinarsi di nuovo una minaccia dello stesso genere. E costoro ricorrono alle vecchie ricette, formano una «commissione», spiano gli umori del buon popolo, scrutano gli articoli dei giornali e fiutano gli umori delle masse per conoscere che cosa queste vogliano e sperino, e di che cosa abbiano orrore.

Ogni gruppo professionale, e perfino ogni ceto d'impiegati viene esattamente studiato, e ne sono indagati i più segreti desiderii. Di regola, in quei casi diventano maturi per l'indagine anche «i soliti paroloni» della pericolosa opposizione e non di rado, con grande meraviglia di coloro che per primi li inventarono e li diffusero, quei paroloni entrano a far parte del tesoro scientifico dei vecchi partiti, come se ciò fosse la cosa più naturale del mondo.

Le commissioni si adunano e «rivedono» il vecchio programma e ne foggiano uno nuovo. E nel far ciò, quei signori cambiano le loro convinzioni come il soldato al campo cambia la camicia, cioè quando quella vecchia è piena di pidocchi.

Nel nuovo programma, è dato a ciascuno il suo. Al contadino è data la protezione dell'agricoltura, all'industriale quella dei suoi prodotti; il consumatore ottiene la difesa dei suoi acquisti, agli insegnanti vengono aumentati gli stipendi, ai funzionari le pensioni.

Lo Stato provvederà generosamente alle vedove e agli orfani, il commercio sarà favorito, le tariffe dei trasporti saranno ribassate, e le imposte, se non verranno abolite, saranno però ridotte.

Talvolta avviene che un ceto di cittadini sia dimenticato o che non si faccia luogo ad una diffusa esigenza popolare. Allora si inserisce in gran fretta nel programma ciò che ancora vi trova posto, fin quando si possa con buona coscienza sperare di avere calmato l'esercito dei piccoli borghesi e delle rispettive mogli, e di vederlo soddisfatto.

Così, bene armati e confidando nel buon Dio e nella incrollabile stupidità degli elettori, si può iniziare la lotta per la «riforma» (come si suol dire) dello Stato.

Quando poi il giorno delle elezioni è passato e i parlamentari del quinquennio hanno tenuto il loro ultimo comizio, per passare dall'addomesticamento della plebe all'adempimento dei loro più alti e più piacevoli compiti, la commissione per il programma si scioglie.

E la lotta per il nuovo stato di cose riprende le forme della lotta per il pane quotidiano: presso i deputati, questo si chiama «indennità parlamentare».

Ogni mattina, il signor rappresentante del popolo si reca alla sede del Parlamento; se non vi entra, almeno si porta fino all'anticamera dove è esposto l'elenco dei presenti. Ivi, pieno di zelo per il servizio della nazione, inscrive il suo nome e, per questi continui debilitanti sforzi, riceve in compenso un ben guadagnato indennizzo.

Dopo quattro anni, o nelle settimane critiche in cui si fa sempre più vicino lo scioglimento della Camera, una spinta irresistibile invade questi signori.

Come la larva non può far altro che trasformarsi in maggiolino, così questi bruchi parlamentari lasciano la grande serra comune ed, alati, svolazzano fuori, verso il caro popolo. Di nuovo parlano agli elettori, raccontano dell'enorme lavoro compiuto e della perfida ostinazione degli altri; ma la massa ignorante, talvolta invece di applaudire li copre di parole grossolane, getta loro in faccia grida d'odio.

Se l'ingratitudine del popolo raggiunge un certo grado, c'è un solo rimedio: bisogna rimettere a nuovo lo splendore del partito, migliorare il programma; la commissione, rinnovata, ritorna in vita e l'imbroglio ricomincia.

Data la granitica stupidità della nostra umanità, non c'è da meravigliarsi dell'esito. Guidato dalla sua stampa e abbagliato dal nuovo adescante programma, l'armento «proletario» e quello «borghese» ritornano alla stalla comune ed eleggono i loro vecchi ingannatori.

Con ciò, l'uomo del popolo, il candidato dei ceti produttivi si trasforma un'altra volta nel bruco parlamentare e di nuovo si nutre delle foglie dell'albero statale per mutarsi, dopo altri quattro anni, nella variopinta farfalla.

Nulla è più mortificante che l'osservare, nella sua semplice realtà, questo processo, che il dover assistere ad un trucco sempre rinnovantesi.

E' anche vero che quei signori non pensano mai sul serio a ciò. Tenuto pur conto di tutta la cortezza di mente e di tutta l'inferiorità spirituale di questi «stregoni» parlamentari della razza bianca, neppure essi possono immaginarsi seriamente di battersi, sul terreno d'una democrazia occidentale, contro una dottrina per la quale la democrazia, con tutti i suoi annessi e connessi, non è nella migliore delle ipotesi altro che un mezzo impiegato per paralizzare l'avversario e per spianare la via alle proprie azioni.

Certo, ci vuole la credulità d'uno di questi «stregoni» parlamentari della democrazia borghese per figurarsi che ora o in avvenire la brutale risolutezza degli interessati o dei portatori di quella peste mondiale possa essere eliminata dai semplici esorcismi d'un parlamentarismo occidentale.

Ma se oggi si venisse a convincersi che nello stregato calderone della nostra democrazia parlamentare potesse ad un tratto formarsi una maggioranza che (fosse solo sul fondamento maggioritario che l'abilita a legiferare) mettesse alle strette lo stato attuale delle cose, le gherminelle parlamentari sarebbero presto finite.

Allora questi alfieri, in luogo di rivolgere un appello alla coscienza democratica, lancerebbero una invocazione incendiaria alle masse, e la loro lotta si trasferirebbe, di colpo, dalla mefitica atmosfera dell'aula parlamentare alle fabbriche ed alle strade.

E la democrazia sarebbe tosto spacciata ; e ciò che non sarebbe riuscito alla flessibilità morale di quegli apostoli del popolo in Parlamento riuscirebbe in un lampo alle leve e ai martelli delle aizzate masse: le quali insegnerebbero al mondo quanto sia stolto immaginarsi di potersi opporre, per mezzo della democrazia occidentale, alla conquista "ebraica" del mondo.

Come dissi, ci vuole un bel grado di credulità per legarsi, di fronte ad un simile giocatore, a regole che per costui esistono solo per servirsene a scopo di bluff od a proprio profitto, e che il giocatore non osserverà più non appena cessino di rispondere al suo interesse.

Poiché, per tutti i cosidetti partiti la lotta politica consiste solo nell'azzuffarsi per conquistare seggi in Parlamento, e i principii e gli orientamenti vengono abbandonati a seconda dell'opportunità.

Lo stesso valore hanno, s'intende, i loro programmi, e nello stesso senso sono valutate le loro forze.

Manca loro quella grande attrazione magnetica a cui la larga massa obbedisce solo sotto la impressione di grandi ed eminenti punti di vista, sotto la forza persuasiva d'un'assoluta fede nella bontà di questi punti di vista accoppiati alla fanatica volontà di battersi per essi.

Ma in un tempo in cui l'una delle parti, armata di tutte le armi di una concezione del mondo sia pure mille volte delittuosa, si lancia all'assalto dell'ordine costituito: opporre resistenza l'altra parte può solo se la resistenza stessa riveste le forme d'una fede nuova, nel caso nostro, d'una nuova fede politica, e se alla parola di una debole e codarda difesa sostituisce il grido di guerra d'un coraggioso e brutale assalto.

Quindi, se oggi al nostro movimento vien fatto lo spiritoso rimprovero di tendere ad una «rivoluzione», a questo politicantismo da burla si può dare una sola risposta: «Sì, noi cerchiamo di recuperare ciò che voi, nella vostra criminale stoltezza, avete perduto. Voi, con i principi del vostro parlamentarismo da bifolchi, avete contribuito a trascinare all'abisso la nazione; noi invece, nelle forme dell'assalto, istituendo una nuova concezione del mondo e difendendone con fanatismo i principi essenziali, costruiremo al nostro popolo i gradini per i quali potrà un giorno ascendere di nuovo al tempio della libertà».

Perciò, nell'epoca della fondazione del nostro movimento, dobbiamo sempre ed anzitutto preoccuparci di impedire che un esercito di combattenti per una nuova radiosa convinzione si tramutasse in una semplice lega per il favoreggiamento di interessi parlamentari.

La prima misura preventiva è la creazione d'un programma spingente ad un'evoluzione che già nella sua intima grandezza appare idonea a scacciare gli spiriti deboli e meschini della nostra odierna politica di partito.

È necessario imprimere al nostro programma mete finali ben nette e recise.

Dal riconoscimento dell'esattezza della nostra concezione deve formarsi una nuova concezione dello Stato che alla sua volta è un elemento essenziale d'una nuova concezione del mondo".

Le quasi 2000 persone presenti, a questo punto applaudirono, tutte.