Il Paradigma dell'Islam
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04 – Perché vivi?
Perché vivi? Perché ti alzi ogni mattina e fai quello che fai? Non sono domande difficili eppure sfido chiunque a darmi una risposta sensata così su due piedi. Perché viviamo? E ancora: perché viviamo nel modo in cui viviamo? Perché facciamo le cose che facciamo e perché non ne facciamo altre che, forse, dovremmo fare? La maggior parte di noi potrebbe rispondere che ci si alza ogni mattina per andare a lavorare e guadagnarsi così il pane quotidiano. E nelle giornate dove non si lavora, perché ci alziamo dal letto e… viviamo?
La nostra cultura – allo stato attuale – è molto imbrigliata e confusionaria e più il pianeta diventa piccolo, a causa della galoppante globalizzazione di tutto, più la nostra cultura diventerà un pot-pourri di nozioni prese quasi a casaccio un po’ da qui ed un po’ da lì. Si possono individuare però degli assoluti che sono presenti in ogni cultura e in ogni sistema. Le decisioni, per esempio, sono degli assoluti. Non puoi non decidere perché nel momento stesso nel quale scegli di non decidere… quella è la tua decisione! Similmente con l’idea di avere o meno una missione nella vita. Puoi pensare di non avere una missione nella vita, un particolare compito da svolgere… e questa diventa automaticamente la tua missione: astenerti dall’averne una! In realtà abbiamo tutti una missione nella vita anche se non ce ne rendiamo conto. La nostra missione generale è realizzare la risposta alla domanda perché vivi? semmai riuscissimo a rispondere!
Gli esseri umani che identifichiamo con il titolo di profeti avevano tutti una missione ben chiara e definita direttamente da Dio a loro. La loro missione comune era quella di essere messaggeri, cioè di ascoltare e riferire agli altri quanto Dio diceva loro e nel particolare ognuno di loro aveva la sua specifica sotto-missione: chi doveva costruire un’arca, chi doveva rivolgersi solo agli abitanti di una particolare città, chi doveva nutrire e curare l’educazione di un popolo intero spiegando e realizzando per loro un complesso sistema di Leggi, e via dicendo. La condizione di profeta però non è più disponibile. Potrebbe sembrare quasi un’ingiustizia, quasi come se questi esseri umani siano privilegiati rispetto agli altri, ma non è così e penso sinceramente che sia meglio così – ogni cosa che avviene nell’universo per quanto ci sembri irragionevole, avviene in realtà per il nostro bene.
Essere chiamati da Dio in Persona a svolgere una particolare missione ci investirebbe di una responsabilità dalla quale non potremmo esimerci, perdendo così uno dei nostri benefici maggiori: la libertà. E’ per questo che nei testi sacri è detto che la ricompensa per il lavoro di profeta è altissima. Noi non siamo profeti e non siamo tenuti ad esserlo; siamo liberi di scegliere la nostra missione particolare e vivere la nostra vita come meglio crediamo.
Cos’è il meglio per noi sarà comunque il nostro paradigma a sceglierlo, che ci piaccia o meno, e se la direzione attuata dal nostro paradigma non ci piace possiamo solo sperare di riuscire a comprendere cosa ci muove e – attraverso la consapevolezza acquisita – di riuscire a modificare la nostra Visione del Mondo affinché ci conduca proprio lì dove vorremmo andare.
Secondo me, identificare il proprio paradigma e riuscire a disegnarlo dovrebbe essere insegnato a scuola sin dalla più tenera età; ma questo non succede, quindi siamo costretti a farlo in autonomia durante l’età adulta – e possiamo farlo solo nell’eventualità che ci capiti tra le mani un libro come questo che possa aiutarci a definire il senso e la missione della nostra vita.
05 – La fede
Solo colui che conosce poco la natura umana, cerca la felicità cambiando qualsiasi cosa fuorché la propria indole. ( Samuel Johnson )
Un paradigma non è qualcosa di statico, l’abbiamo detto. Quando siamo al lavoro applichiamo il nostro paradigma relativo al mondo del lavoro e quando siamo a casa applichiamo il paradigma che ha al centro il nostro concetto di partner o famiglia o sé. E’ come se esistessero due piani concettuali. Su un piano poggia la ruota dei nostri paradigmi generali e precostituiti, su un altro piano – operativo, diciamo – poggia la ruota del nostro paradigma di riferimento a seconda di dove la nostra attenzione è rivolta al momento. La sostanza resta identica: ogni paradigma è formato dalle nostre convinzioni o dalla nostra fede circa alcuni argomenti.
Scrive Anthony Robbins nel suo libro “Il Potere Illimitato”: di solito pensiamo alla fede in termini dottrinari, ed effettivamente molte credenze sono di questo tipo, ma nell’accezione fondamentale del termine per fede si intende un qualsiasi principio guida, una massima, una convinzione o passione capaci di conferire significato e direzione all’esistenza. Noi abbiamo accesso a innumerevoli stimoli, e le credenze sono principi preordinati, organizzati, attraverso i quali passano le nostre percezioni del mondo.
Le credenze sono paragonabili a comandanti del cervello. Quando siamo profondamenti convinti che qualcosa si vero, è come se impartissimo al nostro cervello un ordine circa il modo con cui rappresentare quel che accade. La fede impartisce un ordine diretto al nostro sistema nervoso. Quando si crede che qualcosa sia vero, si entra letteralmente nello stato d’animo per cui esso è vero.
Gestite con efficacia, le credenze possono diventare le forze più possenti per assicurare il benessere esistenziale. D’altro canto, le credenze che limitano le azioni e i pensieri possono essere distruttive nella stessa misura in cui le credenze produttive possono essere potenzianti.
La fede è null’altro che uno stato d’animo, una rappresentazione interna che governa il comportamento. Può trattarsi di una forte credenza nella possibilità, la convinzione cioè che riusciremo a ottenere una cosa o a realizzarne un’altra; ma può essere anche una convinzione disarmante, la persuasione che non possiamo riuscire, che le nostre limitazioni sono evidenti, insormontabili, schiaccianti. Se credi nel successo, quei messaggi ti permetteranno di ottenerlo. Sei sempre nel vero, sia che dici che puoi fare qualcosa, sia che dici che non puoi farla.
Il massimo e più frequente equivoco nei confronti della fede è che questa sia un concetto statico, intellettuale, scisso dall’azione e dai risultati. Ma nulla potrebbe essere più lontano dal vero. La fede è la strada per arrivare all’eccellenza proprio perché in essa non c’è nulla di statico, nulla di separato dall’azione.
Prendiamo una situazione immaginaria. Qualcuno ti dice: “Dammi del sale, per favore”, tu vai a prenderlo dicendoti: “Non so dove stia”. Cerchi per qualche istante, quindi gridi di rimando: “Non riesco a trovarlo”. Ed ecco che a questo punto arriva un altro, prende il sale che stava proprio sullo scaffale sotto i tuoi occhi, e dice: “Sei cieco? Non vedi che è proprio qui davanti a te?”
Quando ci si dice: “Non riesco” vuol dire che si è impartito al proprio cervello l’ordine di non vedere il sale. Si tenga presente che ogni umana esperienza, qualsiasi cosa si sia detta, vista, udita, sentita, odorata o gustata, è immagazzinata nel nostro cervello, e se si afferma che non si riesce a ricordare qualcosa, è proprio quello che succede. Quando invece ci si dice che si può farlo, ecco che si impartisce al proprio sistema nervoso un ordine che spalanca gli accessi alla parte del nostro cervello che è potenzialmente in grado di fornire le risposte di cui si ha bisogno.
Non avrei saputo esporlo meglio. Da cosa derivano le convinzioni? Perché alcuni hanno credenze che li spingono al successo, mentre altri hanno credenze che contribuiscono unicamente al loro fallimento? Una fonte primaria, spiega Robbins, è l’ambiente nel quale siamo cresciuti e viviamo. Assorbiamo inconsapevolmente le credenze e le convinzioni – e anche la fede religiosa – del mondo che ci circonda nella nostra età infantile e adolescenziale – e per alcuni questo processo continua inconsapevolmente anche durante la propria età adulta.
Oltre a questo, anche alcuni eventi particolari, grandi o piccoli, possono creare in noi determinate convinzioni. Da piccoli, approfittando di un momento di distrazione di nostra madre, mentre questa sta stirando, tocchiamo con un dito la piastra di ferro caldissima e quel particolare evento ci convince che è meglio, molto meglio non toccare a mani nude un pezzo di ferro molto caldo! In ugual misura anche eventi che non ci hanno toccato direttamente possono convincerci: chi non è stato colpito nelle sue più solide convinzioni da quello che è successo a New York l’11 settembre del 2001?
Un terzo modo affinché una convinzione può farsi strada in noi è la Conoscenza, la Cultura. Leggiamo un libro, guardiamo un film, conosciamo una persona che ci colpisce in particolar modo e queste conoscenze ci convincono di alcune cose su particolari argomenti. Detto per inciso: la Conoscenza può essere anche un modo molto costruttivo per riuscire a modificare le proprie convinzioni.
E, visto che ci siamo, due modi efficaci per modificare le nostre convinzioni sono, in primis, quello di provare a fare una particolare esperienza almeno una volta – in modo che possiamo dire a noi stessi: ce l’ho fatta una volta e ci riuscirò anche adesso – e un altro modo è quello di cercare di creare all’interno della nostra mente l’esperienza che si desidera fare come se fosse attuale e presente – ma questa pratica non è per tutti in quanto dev’essere supportata da tutta un’altra serie di convinzioni e idee che la possano rendere fattibile.
Cos’è in definitiva una convinzione, quindi? E’ sempre Anthony Robbins che da la spiegazione delle spiegazioni in un altro suo ottimo libro: “Il Risveglio del Gigante Interiore”. Una convinzione non è altro che un sentimento di certezza. Sembra impossibile ma è proprio così. Un sentimento, cioè qualcosa di volatile e indefinito come l’amore o la felicità.
Un modo di comprendere cosa sia una convinzione, dice Robbins, è quello di pensare al suo elemento costituente principale: un’idea. Che una tua idea, un tuo pensiero sia o meno una convinzione dipenderà da quanto ti senti certo al riguardo. Come può allora un’idea diventare una convinzione?
Se immagini che quest’idea sia come una tavola senza piedi, avrai un’approssimazione molto ravvicinata del perché non tutte le idee, o pensieri, che abbiamo sono nostre convinzioni. Quando credi veramente in qualcosa tu hai come dei riferimenti che supportano quel pensiero, o idea. Questi “riferimenti” sono le gambe della tua tavola-idea e sono quelli che la rendono solida, che fanno del tuo pensiero una convinzione.
Mettiamo il caso che tu pensi di essere sexy. Non è ancora una cosa di cui sei veramente convinto, però è un’idea che si è fatta strada nella tua mente, magari è ancora solo al livello dei desideri: vorresti essere sexy. Questa è la tua tavola.

Da qualche parte nel tuo paradigma c’è la convinzione che le persone sexy guidano dei macchinoni esagerati; forse hai assorbito quest’idea dal tuo ambiente, forse da alcune tue personali impressioni passate e forse da persone che conosci e che hai reputato sexy perché alla guida di potenti automobili, chissà? Quello che importa adesso è mettere in conto che siccome l’idea di essere sexy nel tuo paradigma è associata al possesso e alla guida di un macchinone esagerato, il tuo paradigma entra in azione – in combinazione con il tuo desiderio di essere sexy – e acquisti una grande macchina, anche se non te la potresti permettere! La tua tavola adesso è così.

La tua non è ancora una ferma convinzione, ma è una tua idea che si sta facendo sempre più strada dentro te. Mettiamo ancora che una sera, prima di uscire con la tua super macchina e i tuoi amici, ti guardi allo specchio e dici a te stesso: però… sto proprio bene con i jeans. Dovrei fare un po’ di palestra per migliorare i pettorali, comunque. La tua idea adesso è sorretta da due riferimenti. La tua tavola non è ancora solida ma lo è sempre di più.

Il giorno dopo ti iscrivi in palestra e la frequenti tutti i giorni. Ti guardi allo specchio e ti piaci – o almeno cominci veramente a credere che sei sexy anche se non ti senti completamente sicuro al 100%.

Una sera il tuo partner ti dice che ti trova sexy. È il riferimento finale del quale avevi bisogno. All’improvviso, passo dopo passo, hai aggiunto così tanti riferimenti alla tua idea che questa diventa una convinzione: adesso sei veramente convinto di essere sexy! Anche se non tutti potranno essere d’accordo con te, la tua tavola è solida.

Una volta che comprendi bene questa metafora puoi cominciare a vedere come le tue convinzioni si siano formate, e comprendere anche come potresti cambiarle.
Il nostro cervello, la nostra mente, è un meccanismo molto preciso e molto potente; l’abbiamo imitato molto bene nell’invenzione del computer. Questi eseguono esattamente le nostre istruzioni come il più testardo degli asini e non c’è verso di poter dire ad un computer “ma io intendevo in quest’altro modo!”, se premi INVIO un pc invia e se premi CANC lui cancella, non ci sono alternative. E’ lo stesso con il nostro cervello: se diciamo alla nostra mente “non trovo il sale”… non lo troviamo. Ma ci sono strade per ovviare a questo tipo di inconvenienti; così come possiamo predisporre in un pc un cestino in modo da poter sperare di recuperare le cose cancellate per errore, similmente possiamo sperare di prendere consapevolezza delle nostre convinzioni e vedere se ci conducono verso la destinazione che vorremmo raggiungere o se ce ne allontanano. Se il macchinone che abbiamo acquistato per essere sexy ha distrutto le nostre finanze e adesso siamo indebitati fino al collo e siamo costretti a lavorare come matti, magari sotto pagati, per qualcosa come i prossimi 10 anni forse sarebbe meglio considerare bene cosa ci ha spinto così fortemente all’acquisto della super macchina e cos’era di preciso quell’idea che avevamo di voler essere sexy a tutti i costi. Certamente – in questo caso – al centro del nostro paradigma c’è qualcosa che ci spinge ad agire anche contro i nostri più basilari bisogni elementari in vista di una vita serena – come quello di avere delle finanze in ordine e prosperose. Magari è la Società, la gente, oppure quelli che noi crediamo essere i nostri amici.
La buona notizia è che i propri paradigmi possono essere conosciuti e modificati. Chiunque di noi dica – o solo pensi – “sono fatto così, questo è il mio carattere e non posso cambiare” o mente spudoratamente o non è in possesso di tutte le informazioni che fino ad ora ti ho dato sulla natura e sull’esistenza dei nostri comandanti: i paradigmi.
06 – Cosa c’entra tutto questo con l’Islam?!
Ogni cosiddetta religione è come una convinzione, ha le sue ruote di paradigma generale e di paradigma particolare e nella nostra mente ogni idea che riguarda questo argomento è sorretta da più riferimenti che ci procurano quel sentimento di certezza al riguardo. Nel nostro paradigma generale può stare al centro o essere solo uno dei molteplici aspetti della nostra esistenza.
Questa è la frase che avrei voluto scrivere all’inizio del libro. Non ho potuto farlo senza introdurti prima il significato che attribuisco ad ogni parola in corsivo che la compone. Adesso, mi auguro sia più comprensibile. Vorrei però poterla scrivere in maniera più corretta, utilizzando la parola giudizio al posto della parola religione.
Nella cultura mondiale, intendo in ogni cultura, il termine religione non ha più alcun significato utile al benessere delle nostre vite. Dire “sono cristiano” e dire “sono juventino” hanno oggi, come dichiarazioni di fede, lo stesso peso. O, peggio, l’appartenenza ad una comunità religiosa è diventata quasi una forma di superstizione, come dire: non so se è vero, però dichiaro di crederci nell’eventualità sia vero – cosa completamente inutile, come ogni forma di superstizione, perché nell’eventualità fosse vero al cospetto della Verità tu non credevi realmente ma solo a parole, quindi saresti in ogni caso un non-credente. Vedi anche la Buona Notizia secondo Matteo, capitolo 7, dal verso 21 in poi:
Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice Signore, Signore! entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei Cieli. In quel Giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato in tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demoni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”.
Quello che chiamiamo religione il Qur’an lo chiama giudizio. Cioè, quell’insieme delle nostre idee sorrette da eventuali riferimenti che noi chiamiamo religione – utilizzando la parola religione senza comprendere bene d’altronde il significato della parola stessa – è in realtà solo un nostro giudizio. E’ cioè solo quello che pensiamo in riferimento ad alcuni nostri sentimenti di certezza al riguardo di questo argomento. Riesco a spiegarti cosa intendo? E’ come se quando ci viene chiesto di che religione siamo oppure quale credo professiamo, in realtà ci viene chiesto qual è il nostro giudizio in merito all’esistenza di Dio e a tutto quello che ne consegue.
Il nostro giudizio in merito all’esistenza di Dio e a tutto quello che ne conseguirebbe è una convinzione, ha le sue ruote di paradigma generale e di paradigma particolare e nella nostra mente ogni idea che riguarda questo argomento è sorretta da più riferimenti che ci procurano quel sentimento di certezza al riguardo. Nel nostro personale paradigma generale può stare al centro o essere solo uno dei molteplici aspetti della nostra esistenza. Nel paradigma dell’Islam, il giudizio in merito all’esistenza di Dio è al centro.
Ecco la frase che avrei voluto scrivere, e adesso l’ho scritta.