
Gli Ebrei e Gesù (as)
Perché gli ebrei (nel senso delle autorità religiose dell’epoca) non riconobbero Gesù (as) come il Messia?
1. Aspirazioni messianiche politiche e militari.
Gli ebrei attendevano un Messia ("Mashiach" in ebraico) come un liberatore politico, un re discendente di Davide che avrebbe:
* restaurato il regno d’Israele,
* sconfitto gli oppressori (in quel tempo, l’Impero Romano),
* portato pace, giustizia e prosperità alla nazione.
Gesù (as), invece, non si presentò come un leader militare, né cercò di rovesciare Roma.
Predicava l'umiltà, l'amore per il nemico, il Regno di Dio come realtà spirituale... per molti, sembrava troppo debole per essere il Messia promesso.
2. Trasgressione delle aspettative religiose. Gesù (as) metteva in discussione l'autorità dei Farisei e dei Dottori della Legge.
Guariva di sabato, parlava con peccatori, criticava l'ipocrisia religiosa. Ai loro occhi, queste cose violavano la Legge, e quindi era impossibile che fosse il Messia, il quale avrebbe dovuto essere il massimo esempio di adesione alla Torah (per come la comprendeva loro!).
3. La pretesa divina.
Gesù (as) affermava implicitamente (e talvolta esplicitamente) una relazione unica con Dio, chiamandolo "Padre" in senso particolare (e poteva farlo perché Gesù (as) è un po' come Adamo (as): questo non ha avuto "genitori" - né padre né madre - e Gesù [as] non ha avuto "padre terreno" ma solo la madre).
Questo fu percepito come bestemmia da parte delle autorità religiose. Per loro, il Messia doveva essere un essere umano, non qualcuno che si proclamava "uno" con Dio.
(Tutti i profeti, comunque, possono dirsi "uno con Dio" perché riferiscono esattamente quello che hanno da riferire come se fosse Dio stesso a parlare... Come se fossero, cioè: uno con Dio).
4. Il fallimento apparente.
Il fatto che Gesù (as) fu arrestato, processato e condannato a morte come un criminale, agli occhi di molti, dimostrava che non era benedetto da Dio. Era uno sconfitto, non un vincitore. Morire sulla croce era il segno massimo della maledizione divina (cfr. Deuteronomio 21:23: "Maledetto chi è appeso al legno").
Detto questo, il Qur'an (che è "uno con Dio"!) dice che Gesù (as) non è morto sulla croce.
La crocifissione fu un'illusione (Sura 4:157): "non lo hanno ucciso e non lo hanno crocifisso, ma sembrò loro così."
Secondo questa prospettiva:
Allah voleva che sembrasse che Gesù (as) fosse stato crocifisso, per lasciare i cuori e le menti degli avversari accecati dalla loro arroganza.
Gli ebrei che rifiutarono Gesù (as), lo fecero credendo sinceramente che Dio non avrebbe mai permesso la crocifissione del vero Messia. In questo, non erano completamente fuori strada… ma il loro errore fu nel giudicare con il cuore chiuso, senza riconoscere i segni autentici.
Ci sono Vangeli apocrifi e testi gnostici antichi che raccontano una versione simile a quella del Qur'an, cioè che Gesù (as) non fu veramente crocifisso, ma qualcun altro prese il suo posto o che la crocifissione fu un'illusione.
Il più rilevante è il Vangelo di Barnaba (non da confondere con l'epistola di Barnaba).
Questo vangelo è molto vicino alla narrazione qur'anica.
Secondo il Vangelo di Barnaba:
Gesù (as) non fu crocifisso, ma fu portato via in cielo da Dio.
Giuda Iscariota fu trasformato miracolosa-mente per sembrare Gesù (as), e fu lui a essere crocifisso al suo posto.
Questo coincide con l'interpretazione di molti esegeti del verso del Qur'an 4:157.
Altri testi gnostici:
1. Il Secondo Trattato del Grande Seth (testo gnostico, ritrovato a Nag Hammadi, datato II-III secolo):
“Fu un altro, il loro... che bevve fiele e aceto; non fui io. [...] Ridendo della loro ignoranza, io ho superato tutte le loro potenze.”
In questo testo, Gesù ride durante la crocifissione perché sa che non è lui a soffrire, ma qualcun altro, mentre gli uomini sono ingannati.
2. L’Apocalisse di Pietro (altra opera gnostica):
Pietro ha una visione in cui vede due figure: una crocifissa e un’altra, luminosa, sopra la croce che ride.
Questo è interpretato come lo spirito di Gesù che guarda la scena, mentre un altro viene crocifisso.
Osservazioni:
Non mi piace molto l'immagine di questo Gesù (as) che ride della sofferenza altrui - per quanto possa essere meritata - e, comunque questi testi non sono considerati canonici né dagli ebrei né dai cristiani.
Sono stati esclusi dai concili che hanno definito il canone biblico (spesso per divergenze dottrinali).
Testimoniano, però, che la dottrina della sostituzione (che Gesù non fu crocifisso) circolava già nei primi secoli, molto prima del Qur'an.
Capitolo 216 del Vangelo di Barnaba
Ecco le parole chiave del racconto in cui si descrive la sostituzione di Gesù con Giuda Iscariota:
“Giuda si era recato nella casa dove Gesù era stato portato con i discepoli, e i soldati lo seguirono. Ma Dio, vedendo il pericolo, ordinò a Gabriele, Michele, Raffaele e Uriele, i suoi ministri, di prendere Gesù fuori dal mondo. [...]
I soldati entrarono e con loro Giuda. Ma Dio fece in modo che Giuda sembrasse a tutti simile a Gesù: tanto che i soldati lo presero e, legandolo, lo portarono via con insulti e scherni. [...]
E crocifissero Giuda. [...]
Gesù, invece, prese il suo aspetto angelico e salì al cielo, ringraziando Dio.”
E nel capitolo 217:
“Veramente io vi dico che coloro che credono che Gesù è morto, sono ingannati: poiché Gesù non è morto, e non è stato ucciso. Dio lo ha preso a sé, vivo in cielo. E i discepoli furono profondamente afflitti, credendo che Gesù fosse morto.”
Coincidenze con il Qur'an (Sura 4:157)
"E dissero: «Abbiamo ucciso il Messia, Gesù figlio di Maria, il Messaggero di Allah». Ma non lo hanno ucciso e non lo hanno crocifisso, bensì fu reso simile [a un altro] per loro. E coloro che disputano a suo riguardo sono nel dubbio..."
Nel Vangelo di Barnaba, Giuda viene trasformato per sembrare Gesù: è esattamente il significato più diffuso tra i mufassirīn (commentatori del Qur'an) per "shubbiha lahum" (fu reso simile a loro).
Il Qur'an parla chiaro, non c'è - né ci sarà mai - modo di poter verificare questa storia.
Se credi che il Qur'an sia Vero, allora credi che Gesù non è mai stato crocifisso (per come la "logica" dovrebbe indurti a credere anche senza l'ausilio del Qur'an).
Personalmente non posso credere che Dio cambi la Sua Parola. Se nel Deuteronomio 21 dice che:
22 Se un uomo avrà commesso un delitto degno di morte e tu l'avrai messo a morte e appeso a un albero,
23 il suo cadavere non dovrà rimanere tutta la notte sull'albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno, perché l'appeso è una maledizione di Dio e tu non contaminerai il paese che il Signore tuo Dio ti dà in eredità.
"L'appeso è una maledizione di Dio" e Dio non ha mai maledetto Gesù (as), quindi o Dio modifica la Sua Parola dicendo che "L'appeso non è una maledizione" oppure Gesù (as) non è mai stato crocifisso.
Gli ebrei del tempo (e quelli di oggi) conoscevano e conoscono Deuteronomio 21,23 ed è per questo che ancora oggi non riescono a credere che il Gesù dei cristiani possa mai essere stato il Messia.
Il Messia non poteva mai e poi mai finire sulla Croce!
Ma è così che Dio (Allah) ha voluto. Non hanno creduto che Gesù (as) fosse il Messia?
Non potranno mai crederlo! Non si troverà mai una prova provata sull'argomento.
O credi al Profeta Muhammad (e al Qur'an) o resterai nel dubbio (o nell'errore) per sempre.

Secondo la dottrina cristiana, la crocifissione di Gesù è il cuore della salvezza. Vediamo i punti essenziali:
1. Espiazione dei peccati dell'umanità.
Secondo la teologia cristiana, l’umanità è separata da Dio a causa del peccato originale (a partire da Adamo ed Eva).
Nessun sacrificio umano o animale era sufficiente a redimere completamente il genere umano.
Gesù, considerato Figlio di Dio e senza peccato, si offre volontariamente in sacrificio per espiare i peccati del mondo.
“Egli è l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.” (La Scrittura, Buona Notizia secondo Giovanni 1:29)
“Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture.” (La Scrittura, 1 Corinzi 15:3)
Questo vuole anche dire che - secondo questa teologia - tutti i Profeti e gli esseri umani "buoni" nati prima della Morte sulla Croce di Gesù finiscono all'inferno...
Anche Maria, la madre di Gesù ?!
Non solo. Il sacrificio di Gesù sembra essere stato inutile perché se non ricevi il battesimo comunque finirai all'inferno - anche se sei un... Santo!
2. Obbedienza totale a Dio
Gesù si sottomette volontariamente alla volontà del Padre:
“Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia volontà, ma la tua.” (La Scrittura, Buona Notizia secondo Luca 22:42)
La croce è vista come massima obbedienza e atto d’amore estremo verso Dio e verso l’uomo.
Un po' come il Sacrificio del Primogenito di Abramo (as)... Ma Dio, vista l'intenzione di Abramo di obbedire, sostituisce il figlio con un animale. Allo stesso modo, vista l'intenzione di Gesù di obbedire alla Volontà di Dio (quando capí che stava per essere arrestato), questo viene "sostituito"...
3. Vittoria sulla morte e sul peccato.
Anche se la crocifissione è una morte dolorosa e umiliante, nella visione cristiana è solo il preludio alla resurrezione, che:
* sconfigge la morte,
* apre la via alla vita eterna per chi crede,
* mostra che il male non ha l’ultima parola.
Ma dice bene Paolo:
“Se Cristo non è risorto, vana è la vostra fede.” (La Scrittura, 1 Corinzi 15:17)
4. Compimento delle profezie
Molti cristiani leggono l’Antico Testamento (soprattutto Isaia 53) come profetico della morte di Gesù:
“Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.” (La Scrittura, Isaia 53:5)
Ma dimenticano di leggere tutti gli altri passi che contraddicono la "crocifissione" del Messia.
Analizziamo alcune contraddizioni interne della dottrina cristiana tradizionale riguardo alla crocifissione e alla salvezza, soprattutto alla luce della teologia e della logica.
1. Se Gesù è Dio, come può morire?
Contraddizione logica: se Dio è eterno, onnipotente e non soggetto alla morte, come può morire sulla croce?
Risposta ufficiale cristiana: Gesù ha una natura divina e una umana, e solo la parte umana è morta.
Problema: ma allora Dio non è morto davvero, e l'espiazione perde di potenza, perché a morire è solo un uomo.
2. Giustizia o ingiustizia?
Secondo la dottrina, Gesù, che è senza peccato, paga per i peccati degli altri.
Ma questo viola il principio della giustizia, anche nella Bibbia ebraica (Tanakh) e nel Qur'an :
“Il figlio non porterà l’iniquità del padre.” (La Scrittura, Ezechiele 18:20)
“Nessun’anima porterà il peso di un’altra.” (La Lettura, Qur'an 6:164)
Punire un innocente al posto dei colpevoli non è giustizia — è capro espiatorio, ma ingiusto.
Anche la nostra innata coscienza ci fa pensare che sia così!
3. Sacrificio “necessario” per perdonare?
Secondo il cristianesimo, Dio ha bisogno del sangue di Gesù per poter perdonare.
Ma questo limita la Misericordia di Dio: perché non può semplicemente perdonare, come un padre amorevole?
Nella parabola del figliol prodigo (La Scrittura, Buona Notizia secondo Luca 15), Dio perdona senza croce né sangue. Allora perché la crocifissione?
4. L’idea di “riscatto al diavolo” (nelle teologie più antiche)
Alcuni Padri della Chiesa (come Origene) credevano che la morte di Gesù fosse un riscatto pagato al diavolo per liberare l’umanità.
Ma questo implica che il diavolo ha un potere legittimo sull'essere umano, e Dio deve pagarlo — una teologia oggi rifiutata, ma che ha lasciato tracce.
5. Se la morte di Gesù era necessaria… allora chi l’ha ucciso ha fatto bene?
Secondo il piano divino, la croce era necessaria per la salvezza.
Ma allora Giuda, Pilato, i sacerdoti ebraici e i romani hanno fatto la volontà di Dio?!
Perché dovrebbero essere visti come colpevoli, se hanno realizzato il piano divino?
6. Il concetto di “amore” attraverso la tortura.
La croce è presentata come atto supremo di amore.
Ma trasforma la violenza, la tortura e l’omicidio in un atto sacro.
Che immagine di Dio è quella che ha bisogno di sangue e morte per amare e perdonare?
Non se ne esce sani di mente!
Molto meglio ascoltare la propria coscienza e credere - come insegna il Qur'an - che quell'anima buona di Gesù (as) non è mai stato crocifisso!

Per amore
E da allora sono perché tu sei,
e da allora sei, sono e siamo,
e per amore sarò, sarai, saremo.
(Pablo Neruda)

L' Islam è un din
"Ho perfezionato per voi il vostro DIN, completato su di voi la Mia Grazia, e ho approvato per voi l’ISLAM come DIN." (La Lettura, Qur'an, Sura 5:3, La Tavola Imbandita)
Islam è una parola araba che vuol dire "sottomissione a Dio".
Nel Qur'an Allah (swt) ci dice che l'islam è un "din".
La "sottomissione a Dio" è un "din".
Etimologia e significato del termine "dīn"
Radice: د-ي-ن (D-Y-N)
Da cui derivano:
* dāna: giudicare, regolare, rendere conto, dominare
* dayn: debito
* diyyah: compensazione, pena
* madīnah: città regolata da una legge/autorità (es. Medina)
* dayyān: Giudice sovrano, uno dei Nomi di Allāh secondo alcune narrazioni
Quindi "dīn" racchiude in sé:
* Un sistema di giudizio (con criteri di giusto/sbagliato).
* Una legge a cui ci si sottomette.
* Un'autorità che la emette.
* Una responsabilità e un conto da rendere.
Nelle traduzioni odierne del Qur'an, la parola "din" viene tradotta a volte come "giudizio" a volte come "religione" ma la parola "religione" - ammettiamolo - non vuol dire assolutamente niente!
Se leggiamo "giudizio" ogni volta che nel Qur'an è presente il termine "din" la nostra comprensione del Qur'an ne risulta migliorata...
1. "Māliki yawmi ad-dīn" (La Lettura , Qur'an, 1:4, L'Aprente)
"Il Dominatore del Giorno del dīn"
Qui "giudizio" è chiaramente calzante.
2. "Inna ad-dīn ʿinda Allāhi al-Islām" (La Lettura, Qur'an, 3:19, La Famiglia di Imran)
"In verità, il dīn presso Allāh è l’Islām"
Qui, se rendi "dīn" come "giudizio", ottieni:
"Il giudizio presso Allāh è l’Islām"
Il che comunica che l’unico metro per giudicare il vero, il giusto, è l’Islām.
3. Nel verso 3 della Sura 5:
"Ho perfezionato per voi il vostro dīn"
Tradurre "dīn" come "giudizio" rende:
"Ho perfezionato per voi il vostro giudizio (modo di giudicare, vedere, valutare la realtà)"
Ed è coerente: l’Islām come visione del mondo giudicata vera da Allāh, non solo "religione" come insieme di pratiche.
L'islam, ovvero: la Sottomissione a Dio è la Visione del Mondo giudicata Vera da Allah...
Non è solo una "religione" (ancora, cosa significa "religione"?!?!) con un insieme di pratiche.
La "sottomissione a Dio" è un modo di "giudicare" la Realtà che è coerente con il Giudizio di Allah (Dio).
La "sottomissione a Dio" è un "giudizio".
L'islam è un din.
"Ho perfezionato per voi il vostro giudizio (il vostro modo di giudicare, di vedere, di valutare la realtà) completato su di voi la Mia Grazia, e ho approvato per voi l’Islam (la sottomissione a Dio) come Giudizio."
L’adorazione vera implica la sottomissione al Suo Giudizio – non a un insieme di rituali, ma a un intero modo di vedere e valutare le cose.
Conclusione
Se traduciamo dīn sempre come "giudizio", non solo otteniamo coerenza, ma riveliamo una profondità che spesso viene oscurata da traduzioni troppo "teologiche" o influenzate dal linguaggio religioso occidentale.
L’Islām non è solo una "religione", è un giudizio completo sulla realtà.
Una lente, una struttura per comprendere, valutare, scegliere.

Preparati
Spesso sentiamo dire:
"La vita è breve, goditela!"
E quasi mai qualcuno ci ricorda che "l'eternità è lunga, preparati!"

Colpire il bersaglio
مَّا يَلْفِظُ مِن قَوْلٍ إِلَّا لَدَيْهِ رَقِيبٌ عَتِيدٌ
Non pronuncerà nessuna parola senza che di presso ci sia un osservatore solerte.
(Sura 50 - Ayat 18)
Ogni parola ha un peso. Non c’è nulla che diciamo che venga ignorato. Questo ci invita al silenzio consapevole e a parlare solo quando le parole sono degne di essere ascoltate.
Evitare parole ambigue o manipolative
Surat Al-Baqarah (2:104)
"Lā taqūlū rāʿinā waqūlū unẓurnā..."
"Non dite 'rāʿinā', ma dite 'unẓurnā'..."
Riflessione:
Una parola, anche se apparentemente innocente, può avere significati doppi o essere usata con intenzioni scorrette. Il Qur’an ci insegna a scegliere parole chiare, non fraintendibili, specialmente in contesti spirituali o comunitari.
Surat Al-Isra’ (17:53)
"Yaqūlū allatī hiya aḥsan"
"Dicano ciò che è migliore."
Riflessione:
Il criterio non è solo dire la verità, ma dire la forma migliore della verità: con compassione, giustizia, saggezza. Ogni parola è un seme spirituale, e ciò che si semina si raccoglie.
Surat Ibrahim (14:24-25)
"Kalimatan ṭayyibah ka-shajaratin ṭayyibah..."
"La buona parola è come un albero buono..."
Riflessione:
Le parole buone sono fertili, radicate, durature. Come un albero che offre ombra e frutti. Questa è la parola che costruisce, eleva, ispira. Non parole vuote o oscure, ma parole che nutrono l’anima.
Surat Al-Ahzab (33:70)
"Yā ayyuhā alladhīna āmanū ittaqū Allāha waqūlū qawlan sadīdan"
"O voi che credete, abbiate timore di Allah e dite parole rette."
Riflessione:
La parola "sadīd" ha la radice sadada, che significa colpire il bersaglio. Parlare "sadīdan" significa parlare con scopo, chiarezza e verità. Non parole casuali, ma che rispecchiano giustizia e coscienza.

Colui che proibisce
Nel contesto della Sura 96, "colui che proibisce a un servo quando prega" è un simbolo ben preciso.
Storicamente, secondo le fonti classiche, si fa riferimento a:
Abū Jahl
Un leader della Mecca, feroce oppositore del Messaggio rivelato al Profeta Muhammad (saas).
Era noto per il suo orgoglio, la sua autorità sulla società meccana e il suo disprezzo per chiunque si sottomettesse a Dio.
Si racconta che cercò di impedire fisicamente al Profeta di pregare presso la Kaʿbah, minacciando di calpestargli la testa.
Ma la Sura non si limita al solo Abū Jahl: lui è l'archetipo dell'io arrogante, di colui che si erge a giudice tra il servo e il suo Rabbi.
Significato simbolico più profondo
"Colui che proibisce" rappresenta:
* L’ego che teme la resa al Rabbi.
* Il potere che vuole dominio sugli altri, non sopporta chi si inginocchia davanti a un altro che non sia lui.
* La società o l'autorità che considera la spiritualità autentica una minaccia al proprio controllo.
In ogni epoca, esiste un "colui che proibisce". Può essere:
* Un tiranno esterno.
* Una struttura sociale repressiva.
* Un'ideologia.
* O anche una parte di noi stessi: l’ego, il nafs, che ci ostacola nel momento più sacro: la connessione profonda con Allah.
La figura di “colui che proibisce” (alladhī yanhā ʿabdan idhā ṣallā) oggi non è meno presente. Ha solo cambiato forma. Ecco alcune forme contemporanee in cui si manifesta:
1. Il sistema sociale e culturale
* Valori dominanti che deridono o emarginano chi prega, chi medita, chi cerca una connessione con il Divino.
* Ambienti lavorativi, scolastici o culturali dove la ṣalāh è vista come fanatismo o arretratezza.
* Una cultura globale che esalta la produttività, il consumo e l’apparenza, e che quindi “proibisce” la prosternazione, non in modo esplicito, ma con pressioni costanti.
2. L’ego interiore (al-nafs al-ammārah)
* La voce dentro di noi che dice: “Hai troppo da fare, pregherai dopo”.
* Il dubbio che sussurra: “Che senso ha inginocchiarsi? A che serve?”.
* La vergogna o il timore del giudizio altrui.
Qui, il proibitore non è fuori, ma dentro.
3. I media e l’immaginario collettivo
* Film, serie, articoli che dipingono il credente come debole, pericoloso o illuso.
* Influencer e ideologie che ridicolizzano il concetto stesso di servitù a Dio.
4. Le strutture di potere
* Regimi o aziende che reprimono apertamente la pratica spirituale.
* Legislazioni che ostacolano o puniscono l’atto del pregare o del portare simboli religiosi.
Conclusione
“Colui che proibisce” è ovunque ci sia un tentativo di spezzare il legame tra il servo e il suo Rabbi.
È una dinamica spirituale costante. E come ci mostra la Sura 96, Allah stesso interviene per smascherare questa figura, minacciandola con forza:
> “Se non desiste, lo afferreremo per la nāṣiyah”.
La Sura 96 ci mostra che la risposta alla proibizione non è la fuga, ma la prosternazione.
Vediamo insieme come resistere a “colui che proibisce”, dentro e fuori di noi:
1. Ricorda la tua identità: sei ʿabd
Essere ʿabd (servo) non è umiliazione, ma liberazione.
Ogni prosternazione davanti ad Allah è un rifiuto di prostrarsi a qualcos'altro:
* Denaro
* Ego
* Approvazione altrui
* Cultura dominante
ʿAbdan idhā ṣallā: questo è il gesto rivoluzionario per eccellenza.
2. Sii costante nella ṣalāh
Anche quando sei stanco. Anche quando ti senti lontano.
Il vero sabotaggio del “proibitore” è farti abbandonare la connessione regolare.
Ogni volta che ti rialzi e preghi, lo stai sconfiggendo.
La ṣalāh è come un’ancora che ti impedisce di essere trascinato via dal mondo.
3. Rispondi con sujūd (prosternazione)
> “No! Non obbedirgli, e prosternati e avvicinati”
Questo è l'ultimo verso della sura.
È potente perché mostra che la resistenza non è rabbia, non è fuga, non è scontro.
La vera risposta è sujūd:
* La posizione più umile.
* La più vicina al suolo.
* Ma la più vicina a Allah (waqtarib – "avvicinati").
4. Taglia la nāṣiyah dell’ego
Allah dice: "Lo afferreremo per la sua nāṣiyah (fronte, sede dell’orgoglio e del controllo)".
Questa immagine è viva anche dentro di te:
* Quando tagli la tua arroganza
* Quando rinunci al controllo
* Quando metti giù la fronte
...stai afferrando e domando il tuo “Abū Jahl” interiore.
5. Trova la tua Qalam
Ricorda che questa Sura collega la ṣalāh alla parola, alla scrittura, alla consapevolezza (qalam).
Scrivere, riflettere, imparare: sono anch’essi atti di resistenza spirituale.
Ogni atto di consapevolezza profonda è un atto contro l’ignoranza arrogante.
6. Unisciti a chi prega
La forza spirituale non cresce nell’isolamento.
Cerca una piccola comunità, anche solo simbolica, anche virtuale, dove puoi condividere la prosternazione.
Ogni “colui che proibisce” odia vedere i servitori di Allah unirsi.
